Scuola

Aumento stipendio docenti: chi è di ruolo prende meno dei supplenti

Sono ormai diversi anni che gli stipendi dei docenti, ormai diventati inadeguati rispetto al costo della vita, sono fermi. Secondo Eurydice infatti il potere di acquisto degli insegnanti è fermo da cinque anni. Computo che evidenzia come il rinnovo contrattuale in via di approvazione sia insufficiente, alla luce del solo incremento del 4% proposto a fronte di un costo della vita che lo supera tre volte.

Retribuzione dei precari

C’è poi il problema della retribuzione per i precari, ancora più penalizzati rispetto ai colleghi di ruolo. Ma adesso i supplenti possono contare su sentenze che garantiscono una ricostruzione di carriera completa (anche dopo 10 anni e pure agli Ata) e gli conferisce RPD e CIA ingiustamente negati.

Chi è di ruolo prende meno dei supplenti

Invece per gli insegnanti di ruolo, paradossalmente, ci sono ancora meno garanzie: chi ha un contratto a tempo indeterminato percepisce una busta paga ancora più bassa di quella che prendevano da supplenti, per via del maggior carico fiscale. Stipendio tra i 1.300 e i 1.400 euro che resta bloccato per ben otto anni consecutivi.

Tutto ‘merito’ della cancellazione del primo ‘gradone’ stipendiale, a seguito dello scellerato accordo del 2011 stipulato dall’amministrazione con gli altri sindacati.

Lo sblocco degli aumenti

Poi dal nono anno di carriera, quando finalmente si sbloccano gli aumenti, si resta legati ad aumenti periodici, tra i cinque e gli otto anni di distanza uno dall’altro. Il risultato finale è che la retribuzione professionale a fine carriera è del 50% dell’importo iniziale.

Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, “se lavori anche dieci o vent’anni anni con lo stesso stipendio, entri in ruolo e aspetti altri nove anni per un aumento, e dopo 35 anni altri sette senza aumento, prima di lasciare, fino a che non hai accesso alla pensione, alle soglie dei 70 anni, percependo un assegno di quiescenza più basso del 30 per cento rispetto all’ultimo stipendio che è già la metà dei colleghi tedeschi o d’Oltre Manica, allora c’è qualcosa che non va. Allora, significa proprio che il contratto della scuola che dovrebbe tutelare i diritti dei docenti e del personale Ata in realtà non fa i loro interessi. E quindi, quel Ccnl va cambiato. Altrimenti toccherà sempre al giudice sistemare le cose: perché alla fine il tribunale premia chi ci crede, chi è caparbio e chi ha la pazienza di attendere che la giustizia prevalga”.