Supplente con doppio ruolo docente e Ata: via ai risarcimenti sullo stipendio
Ancora una sentenza favorevole nei confronti dei precari, nello specifico di quegli insegnanti e Ata supplenti della scuola pubblica che negli ultimi anni si sono visti negare una parte dello stipendio. La pronuncia è del Tribunale di Vicenza, settore delle controversie di lavoro e previdenza, che ha risarcito lo stesso dipendente precario che nell’arco di due anni ha ricoperto prima il ruolo di insegnante e poi quello di collaboratore scolastico. Secondo il giudice che ha esaminato il ricorso presentato dal dipendente precario, tramite i legali Anief, ha diritto a un risarcimento di 1.386,77 euro.
Sottrazioni indebite
Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief spiega come “questa sentenza conferma la coerenza delle nostre battaglie in tribunale: la stessa persona ha infatti ricoperto, tra il 2020 e il 2021, il doppio ruolo di docente e Ata non di ruolo; come tutti i supplenti, ha appurato che ogni mese gli sono stati sottratti dalla busta paga ben 174,50 euro della Retribuzione professionale docenti e tra i 66,90 euro a 73,70 in quella degli Ata; a quel punto ha contattato il nostro sindacato per chiedere come si poteva ricorrere in tribunale per esercitare i diritto alla riscossione di RPD e CIA mensili, una richiesta sacrosanta che vale anche per i supplenti “Covid”. Poi, ci ha pensato il giudice a fare giustizia”.
La sentenza
Il ricorrente ha chiesto al giudice “l’accertamento del proprio diritto a percepire in relazione al predetto servizio: a) la retribuzione professionale docenti (semplificativamente indicata anche con l’acronimo RPD) prevista dall’articolo 7 del CCNL del 15.03.2001 per il primo periodo (anno scolastico 2019/2020); b) il Compenso Individuale Accessorio (semplificativamente indicato anche con l’acronimo CIA) previsto dall’articolo 25 del CCNL del 31.08.1999 per il secondo periodo (anno scolastico 2020/2021)”. Si tratta di “compensi corrisposti dal Ministero, sino a oggi, esclusivamente al personale di ruolo ovvero titolare di contratto a tempo determinato di durata annuale (con scadenza al 31 agosto o al 30 giugno)”.
Il giudice ha richiamato “la Corte di Cassazione”, che in passato ha stabilito la necessità di ritenere “che le parti collettive nell’attribuire il compenso accessorio «al personale docente ed educativo», senza differenziazione alcuna, abbiano voluto ricomprendere nella previsione anche tutti gli assunti a tempo determinato, a prescindere dalle diverse tipologie di incarico previste dalla legge n. 124/1999, sicché il successivo richiamo, contenuto nel comma 3 dell’art. 7 del CCNL 15.3.2001, alle «modalità stabilite dall’art. 25 del CCNI del 31.8.1999» deve intendersi limitato ai soli criteri di quantificazione e di corresponsione del trattamento accessorio, e non si estende all’individuazione delle categorie di personale richiamate dal contratto integrativo”, giacché “una diversa interpretazione finirebbe per porre la disciplina contrattuale in contrasto con la richiamata clausola 4 tanto più che la tesi del Ministero, secondo cui la RPD è incompatibile con prestazioni di durata temporalmente limitata, contrasta con il chiaro tenore della disposizione che stabilisce le modalità di calcolo nell’ipotesi di «periodi di servizio inferiori al mese»”.
Principio di non discriminazione
Il Tribunale di Vicenza, quindi, ha accolto il ricorso “in quanto “l’art. 7 del CCNL 15.03.2001 per il personale del comparto scuola, interpretato alla luce del principio di non discriminazione sancito dalla clausola 4 dell’accordo quadro allegato alla direttiva 1999/90/CE, attribuisce al comma 1 la Retribuzione Professionale Docenti a tutto il personale docente e d educativo, senza operare differenziazioni fra assunti a tempo indeterminato e determinato e fra le diverse tipologie di supplenze, sicché il successivo richiamo, contenuto nel comma 3 alle “modalità stabilite dall’art. 25 del CCNI del 31.08.1999” deve intendersi ai soli criteri di quantificazione e di corresponsione del trattamento accessorio””.
Disparità di trattamento non obiettivamente giustificata
Quanto al CIA, riguardante la parte stipendiale sottratta al personale Ata, il giudice ha ricordato che “la giurisprudenza della CGUE in relazione alla clausola 4 dell’accordo quadro è consolidata nell’affermare che la stessa esclude in generale qualsiasi disparità di trattamento non obiettivamente giustificata e, in quanto auto-esecutiva, può essere fatta valere dal singolo dinanzi al giudice nazionale, che ha l’obbligo di applicare il diritto dell’Unione e di tutelare i diritti che quest’ultimo attribuisce, anche disapplicando, nei rapporti (verticali) con la p.a., qualsiasi contraria disposizione del diritto interno”. Ne consegue che “l’art. 25 del CCNI del 31.8.1999 va pertanto disapplicato, nella parte in cui esclude dal suo ambito applicativo il personale assunto a tempo determinato non ricompreso nelle categorie di cui ai punti b) e c) del comma 1. La diversità di trattamento del predetto personale rispetto a quello espressamente contemplato dalla disposizione, infatti, non è giustificata da alcuna valida ragione oggettiva, e si pone pertanto in contrasto con la clausola 4 dell’Accordo quadro allegato alla direttiva 1999/70/CE”.
In conclusione, per il Tribunale vicentino “accerta il diritto del ricorrente al riconoscimento delle voci retributive rivendicate; condanna conseguentemente il Miur al pagamento in suo favore della somma di euro 1.386,77 oltre accessori di legge; condanna altresì il Miur alla rifusione in favore del ricorrente delle spese, che liquida in complessivi € 1.000,00, oltre a spese generali, iva e cpa, con distrazione in favore dei procuratori antistatari”.