Docenti precari: maestra assunta per 15 volte il lunedì e licenziata il martedì
Assunta per 15 volte il lunedì e licenziata il martedì. E’ il manifesto del precariato docenti in Italia, una situazione che proprio in virtù del suo essere paradossale e al limite, descrive meglio di qualunque altra la necessità di cambiare e intervenire sui meccanismi che consentono a un docente di subire un trattamento inaccettabile per uno Stato che voglia vantarsi di credere nella scuola e nell’istruzione.
Il precariato più becero
E’ la storia di una maestra di scuola primaria di Conegliano, in provincia di Treviso, assunta per 15 volte il lunedì e licenzia il martedì. A porre fine alla sua situazione una sentenza del Tribunale di Treviso che ha riconosciuto il suo lavoro di supplente part-time e ha condannato il Ministero a pagarle il dovuto.
La storia al limite è stata raccontata da Il Gazzettino. Ma non è una storia a lieto fine immediato, perchè per il momento la docente non ha ancora beneficiato del risarcimento e ha dovuto fare ricorso al Tar. Solo così ha ottenuto che la legge desse al Ministero di dare esecuzione alla sentenza pena l’intervento di un commissario ad acta.
Una storia incredibile
Beatrice, la protagonista di questa vicenda, è una maestra che ha lavorato firmando 15 contratti con un istituto comprensivo per supplenze temporanee per un totale di oltre 1500 euro anziché in base al part-time di 12 ore settimanali, cioè oltre 9mila euro. Il ministero non le aveva riconosciuto nemmeno l’anzianità di servizio, né la maturazione di 12 punti valevoli per la graduatoria.
A restituirle dignità e ragioni, il Tribunale che lo scorso 15 aprile, aveva accertato che la maestra aveva “prestato attività corrispondente a quella di supplente part-time al 50% dal 21 settembre 2018 al 21 maggio 2019″ e per questo aveva condannato il Ministero al pagamento degli stipendi maturati.
Il Ministero le aveva corrisposto solo la cifra di 2500 euro, cioè le spese legali, senza versare gli stipendi quantificati. Il Ministero non si è nemmeno costituito in giudizio al Tar. Ci hanno poi pensato i giudici amministrativi a fare in modo che il Ministero ottemperasse alla sentenza e dunque al pagamento degli stipendi.