Stabilizzazione precari scuola: Corte di Giustizia Europea, posti di fatto devono essere dati in ruolo, i supplenti devono essere risarciti
Prosegue ormai da anni il malcostume della scuola italiana che assegna contratti a tempo determinato assumendo supplenti a settembre e licenziandoli puntualmente a giugno, alla fine dell’anno scolastico. Un malcostume finalizzato, secondo i sindacati, a risparmiare il pagamento delle due mensilità della pausa estiva, ma che lede fortemente i diritti di lavoratori sulla cui professionalità si regge la spina dorsale dell’istruzione italiana, loro malgrado.
Ricorso eccessivo al precariato
Professionisti che vedono negati i loro diritti basilari, e che continuano a essere costretti a vivere nel limbo dell’incertezza professionale, privati della certezza di un posto di lavoro fisso, le cui conseguenze ricadono inevitabilmente anche sugli studenti, che non possono beneficiare della continuità didattica necessaria.
E’ una battaglia, quella contro questo malcostume, che continua a portare avanti Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief. Battaglia che vede l’Europa al fianco dei sindacati nello stigmatizzare un modo di agire che dovrebbe essere un’eccezione e che invece sta diventando una regola, con un ricorso al precariato da ridurre prima possibile.
Posti di fatto e non di ruolo
Il leader del sindacato ha spiegato che “non è la prima e non è l’ultima sentenza, la Cassazione ci dà ormai da anni ragione. Il ministero da vent’anni continua a dare dei posti in Organico di fatto che in realtà sono su posti Vacanti e disponibili e devono essere dati di ruolo; li dà per risparmiare in Organico di fatto quindi li dà in supplenza, ma come la Corte di Giustizia Europea ci ha detto questi posti in realtà devono essere dati in ruolo e quindi i precari devono essere risarciti. Hanno diritto al pagamento delle ferie, hanno diritto al pagamento delle mensilità estive, hanno diritto anche agli scatti di anzianità e sono ormai tantissimi le sentenze che arrivano in Cassazione e danno ragione ai precari”.