Stipendio docenti in base alle attività svolte: retribuzione calcolata anche in virtù di ciò che i docenti fanno a scuola
A pochi giorni dall’ufficiale passaggio di consegne tra attuale ministero dell’istruzione e il prossimo, in virtù dell’incarico di Governo che il presidente Mattarella conferirà a Giorgia Meloni per formare la nuova squadra dell’esecutivo, c’è ancora tempo da parte dell’attuale ministro Patrizio Bianchi di definire le linee guida per il prossimo futuro sulla base di quanto fatto negli scorsi mesi.
Non solo reclutamento docenti
Probabile che molto venga cambiato, anche se non tutto, una volta che il nuovo Governo entrerà a regime. Bianchi però rivendica alcune posizioni e indica le soluzioni per una scuola più giusta e che valorizzi al meglio la professione insegnante.
In questo senso importanti sono alcuni punti contenuti nella riforma del reclutamento, che non riguarda soltanto il modo di accedere alla professione mediante abilitazione da conseguire mediante master universitario, ma anche la valorizzazione della professione insegnante.
Retribuzione variabile
Spiega Bianchi: “Nella riforma che abbiamo approvato a maggio è evidente che si combatte il rischio della desertificazione delle nostre province, abbiamo dato un incentivo a chi sceglie di insegnare in queste zone periferiche. La retribuzione deve essere calcolata anche in base alle attività che si svolgono ed è straordinariamente importante. Stiamo lavorando molto sul personale tecnico amministrativo. Abbiamo quasi 800 mila insegnante e 500 mila persone tecniche fondamentali”.
Percorsi dispersivi
Una delle problematiche nella formazione dei lavoratori di domani è data dalla struttura attuale dei percorsi universitari, troppo spesso dispersivi e nozionistici, che lasciano poco spazio alla formazione pratica: “C’è una ministra dedita all’Università”, spiega, “ma da vecchio rettore e da titolare della cattedra Unesco di educazione crescita e uguaglianza penso che il motivo sia semplice. Mentre i corsi strutturati difficilmente vengono abbandonati, penso a Medicina che ha un percorso molto strutturato, molti corsi italiani non sono strutturati. Sono ad accesso libero, il che può essere anche positivo, ma non sono strutturati. C’è un aspetto che impariamo dall’ITS, il corso di laurea non può essere dato da un numero di esami in batteria, ma dovrebbero essere i luoghi dove sviluppi capacità tecniche, laboratoriali, relazionali. Ho l’impressione che sia arrivato il momento di ripensare a questo, ma dipende dall’autonomia universitaria che è sacra”.