Regionalizzazione della scuola: concorsi regionali, stipendi decisi a livello locale e offerta formativa differenziata
La regionalizzazione della scuola è un progetto ancora embrionale, ma sta già facendo discutere per le conseguenze che potrebbe portare all’interno del panorama italiano. Se la proposta della Lega dovesse diventare realtà, comporterebbe la possibilità per alcune regioni potrebbero di decidere in autonomia la propria offerta formativa. Non solo: ogni regione potrebbe decidere autonomamente la retribuzione dei propri insegnanti.
I pro e i contro
Se questo da un lato potrebbe costituire una buona opportunità per i docenti delle regioni più virtuose, in grado di garantire stipendi più elevati, dall’altro potrebbe ampliare la forbice tra regioni del nord e del sud, a svantaggio delle seconde. Potrebbero essere istituiti di conseguenza anche concorsi regionali, che concorrerebbero alla fuga degli insegnanti più preparati dalle regioni in cui gli stipendi sono meno allettanti.
I sostenitori della proposta sostengono invece che proprio questo potrebbe comportare un circolo virtuoso in grado di spingere le regioni a un miglioramento verso l’alto dell’offerta formativa e della possibilità di ottenere stipendi migliori, slegandoli dalla necessità di attendere un contratto nazionale che, come stiamo vedendo, si fa attendere per anni e che alla fine non è in ogni caso in grado di garantire retribuzioni adeguate alla valorizzazione professionale di cui si parla da anni.
Il no dei sindacati
Questo comporterebbe la suddivisione a livello regionale dell’organizzazione didattica, del sistema delle graduatorie e degli stipendi dei docenti, con modifiche locali all’offerta formativa e l’assegnazione di contributi alle scuole paritarie.
I sindacati si dicono contra contrari al disegno di “autonomia differenziata”, un progetto, che invece di consolidare il carattere unitario e nazionale, ad esempio del sistema pubblico di istruzione, rafforzando la capacità di risposta dello Stato di cui si è avvertita l’estrema necessità durante la recente pandemia, ripropone un’ulteriore frammentazione degli interventi indebolendo l’unità del Paese, col rischio di aumentare le disuguaglianze senza garantire la tutela dei diritti per tutti i cittadini e ampliando i divari territoriali“, proseguono.