Aumento stipendio docenti 2023: più soldi nello stipendio in base ai risultati, addio ai premi a pioggia
Archiviati gli aumenti di stipendio docenti tra mille polemiche, sia per un accordo ritenuto insufficiente in proporzione all’attesa sia per gli arretrati inferiori alle aspettative, sindacati e ministero guardano avanti perchè c’è un nuovo contratto scuola di cui discutere.
L’impegno del ministero
Non va dimenticato infatti che con colpevole ritardo il contratto appena rinnovato è di fatto già scaduto, e per questo è già tempo di guardare al futuro. Anche perchè si può dire che alla fine la montagna ha partorito il topolino, perchè dopo le battaglie degli ultimi anni e le proposte rifiutate prima dell’estate dai sindacati, nessuno si aspettava che l’accordo potesse arrivare su cifre così risicate.
Il contratto in ogni caso è stato rinnovato proprio sulla base di un impegno formale da parte del ministero di reperire subito nove risorse per incrementare ulteriormente i fondi da destinare a un ulteriore aumento di stipendio per il personale scolastico.
I prossimi aumenti pubblici
Ci sarà da sentire anche il parere di Antonio Naddeo, presidente dell’ARAN, che ha un ruolo decisivo nella trattativa. E che ha un’idea ben precisa sul modo in cui in generale dovranno essere aumentati gli stipendi dei dipendenti pubblici.
“Nei nuovi contratti appena sottoscritti una parte della retribuzione è legata alla produttività e ai risultati“, spiega Naddeo, sottolineando che “con gli ultimi contratti sono stati aumentati i fondi per la contrattazione integrativa. La parte variabile della retribuzione oscilla tra il 20 e il 35 per cento a seconda dei fondi delle singole amministrazioni“.
Niente distribuzione a pioggia
“C’è un eccezione abbastanza evidente nella scuola, dove invece circa il 95 per cento della retribuzione dipende dallo stipendio tabellare e dall’anzianità. Ma per le amministrazioni centrali e locali sono stati fatti importanti passi avanti. Il problema semmai è un altro, almeno nel pubblico impiego“, evidenzia il presidente Aran, che dunque critica il meccanismo abituale, ovvero la “tendenza a distribuire a pioggia queste risorse, con sistemi di assegnazione degli obiettivi e di valutazione del loro raggiungimento che non funzionano“.
Sullo smart working: “proprio per rispondere a queste nuove esigenze, nei contratti abbiamo inserito sia lo smart working che il lavoro da remoto, una modalità con vincolo di orario. Ma per sviluppare il vero lavoro agile nel pubblico impiego, ancora una volta, serve rafforzare il sistema degli obiettivi e della valutazione“, conclude.