Concorso scuola 2024: al Nord la maggior parte dei posti banditi rimarrà comunque vacante e quindi destinata ai precari
L’opportunità rappresentata dai concorsi nel settore dell’istruzione è indubbia, ma è altrettanto innegabile che non costituiscano la panacea al problema del precariato. La voce di coloro che insistono per un sistema basato sul “doppio canale” si fa sempre più forte, e con ragione. È un argomento ribadito nel corso degli anni, in molteplici contesti. Tuttavia, come sottolineato da Andrea Dario Messina, segretario generale Anief e candidato al Cspi, la realtà nei fatti non sempre rispecchia questa retorica.
Il diritto allo studio
Nei territori settentrionali del paese, la maggior parte delle posizioni aperte tramite concorso rimane spesso vacante, destinata inevitabilmente ad essere ricoperta da personale precario. Questa situazione, oltre a creare un circolo vizioso di incertezza e instabilità lavorativa, mina anche il diritto allo studio, violato ripetutamente.
Negli ultimi dieci anni, ben nove procedure concorsuali sono state avviate nel settore dell’istruzione. Tuttavia, al termine di queste, è emerso un dato allarmante: almeno la metà delle posizioni rimanevano scoperte. Questo ha comportato un incremento esponenziale delle supplenze, raggiungendo per la prima volta la cifra record di quasi 250.000 contratti annuali.
L’instabilità economica
Questa situazione, oltre a rappresentare un grave spreco di risorse, alimenta un sistema di precariato dilagante. L’abuso dei contratti a termine non solo genera instabilità economica per migliaia di lavoratori, ma può anche comportare conseguenze legali, con rilievi penali sull’omissione ed evasione contributiva.
Per porre fine a questa situazione insostenibile, è necessario un approccio integrato che vada oltre la mera organizzazione di concorsi pubblici. Anief si impegna a portare avanti una serie di proposte legislative volte a riformare il sistema, affrontando le radici del problema e garantendo una maggiore stabilità e sicurezza occupazionale per tutti i lavoratori del settore dell’istruzione.
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